Statuto della
Rinascita Inclusiva
Introduzione Pensiamo alla crisi epidemica come un segno, una cifra della nostra fragilità, consapevoli che siamo tutti nella stessa barca e che il mare è in tempesta. Dove trovare un porto sicuro? Chi ci darà la rotta? Qui torna, illuminante, la frase di Erri De Luca: come i salmoni, per poter generare dobbiamo tornare alla sorgente. Sono straordinari questi pesci. Per poter generare, per rinascere, prendono una strada irragionevole, controintuitiva, tornando alla sorgente. Per noi significa reinterrogarsi sulle finalità dell’economia, della produzione di beni e servizi, della creazione di valore. La domanda radicale è: come possiamo e vogliamo migliorare la vita di tutti? È possibile un’economia della speranza? (M. Mazzuccato).

La prospettiva da perseguire forse è quella indicata da Sandro Calvani quando, traducendo il termine inglese di “thrivability”, usa l’espressione “prosperità inclusiva e sostenibile” e ne indica tre componenti: assicurare una vita dignitosa a tutti; avere voce in capitolo nelle decisioni della propria comunità locale e globale; rendere sostenibile l’ambiente in cui viviamo.

Abbiamo la responsabilità di accompagnare una visione trasformativa. Per questo motivo ci sentiamo in dovere di promuovere nel Paese un’azione che rilanci i legami e la condivisione, affinché fiorisca un nuovo impegno civico, si rinnovi l’appartenenza alla comunità e si rafforzi quello spirito di cittadinanza che, insieme alla passione per il lavoro, è fondamento della Costituzione italiana. Parliamo, sosteniamo e adottiamo politiche progressive sull'inclusione: lo Statuto di “Global Inclusion” raggiunge tutti indistintamente.

C’è la tentazione di pensare il dopo come se la fase acuta dell’epidemia fosse una parentesi oppure, all’opposto, credere che questa drammatica esperienza ci conduca automaticamente ad una palingenesi del nostro modo di vivere, lavorare ed incontrarci. Tentazioni da respingere, avvicinandoci invece alla prospettiva indicata dal monaco di Bose, Guido Dotti: abbandonare la metafora bellica (guerra, eroi, fronte, nemico) per adottare quella della cura. Cura di sè, dell’altro, della Terra. La cura ci aiuta a definire categorie nuove necessarie per una “rinascita inclusiva”.
Contesto Il Comitato “Global Inclusion – art. 3” considera il recupero e la piena affermazione dello spirito dell’art. 3 della Costituzione italiana ancora più urgente e di attualità nel contesto della pandemia in atto. Senza un impegno consapevole per una solidarietà globale capace di unire i popoli e le persone, l’esperienza pandemica rischia di acuire la moltiplicazione di barriere nei confronti della diversità generando diffidenza, divisione e allontanamento.

Nella prima edizione di “Global Inclusion” dell’11 settembre 2019 abbiamo condiviso il bisogno crescente di un nuovo modello di leadership inclusiva capace di unire le persone, le imprese e le società. La necessità di chiudere i confini tra il virus e le persone non può giustificare “la creazione di nuovi confini tra persona e persona, nazione e nazione” (Yuval Noah Harari). In particolare temiamo che una grande depressione economica risvegli alcune costanti della storia della civilizzazione, dai regimi tribali alla fine della modernità: persecuzioni, razzismo e sessismo di cui, su un piano non solo latente, abbiamo letto i segni nei mesi dell’emergenza. Basti considerare il richiamo all’uscirne prima e uscirne “da soli”, il conflitto tra nord e sud, l’esperienza degli anziani e delle persone con disabilità nel cuore della crisi, la disgregazione potenziale tra personale impegnato in attività d’ufficio e personale operativo, la sistematica esclusione delle donne dai tavoli decisionali, relegate al solito quadruplo carpiato di professioniste, madri, colf, cuoche e insegnanti, in assenza di una rete sociale di assistenza, l’aggressione verso le persone omosessuali da parte delle forze dell’ordine in Paesi autoritari nel lockdown.

Lo shock prodotto dalla pandemia ha reso inoltre evidente come la competitività nel tempo sia perseguibile dentro un contesto coesivo, correlato a strategie di sostenibilità di lungo periodo. A tal fine è necessario accogliere le f ragilità proprie e degli altri, promuovere la solidarietà tra le generazioni e il passaggio di testimone ai giovani, sostenere il welfare e superare i pregiudizi che ci impediscono di costruire legami fiduciari.

Le imprese, gli enti del terzo settore, le università e le istituzioni costituiscono un ecosistema capace di richiamare precise radici valoriali e di darsi obiettivi fermi e dichiarati per un agire collettivo consapevole. Consapevole della gravità del momento, l’ecosistema si propone di contribuire a trasformare il Paese in una comunità aperta al futuro, valorizzando reti ed alleanze orientate a preservare e accrescere il valore del sistema Italia con impegno, operosità e solidarietà.
Statuto
PRINCIPIO 1 Le imprese italiane, le organizzazioni di terzo settore, le università e le istituzioni dell’ecosistema dell’inclusione sono consapevoli dell’energia innovatrice generata dalla realizzazione dell’art. 3 della Costituzione italiana, radice di ogni progetto di rinascita.
PRINCIPIO 2 Le parole costruiscono mondi. Solo abbandonando termini bellicisti nella crisi biologica, economica e sociale possiamo ridefinire le categorie della vita economica e sociale nella prospettiva dell’inclusione, della valorizzazione della forza creativa delle differenze e della sostenibilità.
PRINCIPIO 3 In questa crisi senza il digitale ci saremmo sentiti più soli, più impauriti. L’accesso alle competenze digitali è un criterio discriminante per dare un nome contemporaneo al principio di eguaglianza e assicurare a tutti pari opportunità e capacità di avere voce in capitolo nelle decisioni.
PRINCIPIO 4 Nel tempo del distanziamento fisico ci sarà sempre più bisogno del lavoro guidato dalle piattaforme digitali: nella mobilità, nella ristorazione, negli acquisti, nella formazione. Emerge il tema della tutela delle persone che lavorano “on demand”: non vogliamo ostacolare questa trasformazione, ma avere cura delle persone e promuovere i loro diritti sociali.
PRINCIPIO 5 Il distanziamento fisico supportato dal digitale non deve diventare una corsa alla progressiva disgregazione della comunità. Molti lavori non possono essere fatti a distanza e spesso sono anche quelli remunerati peggio. Ci serve ripensare il lavoro e le sue tutele per non alimentare nuove esclusioni.
PRINCIPIO 6 Nella cura il terzo settore è un attore decisivo. Di fronte al rischio di consumare questo ingente capitale sociale o di attardarci nella contemplazione di un passato che non tornerà, lavoriamo a una cooperazione virtuosa tra innovazione sociale e innovazione digitale come asse propulsivo per il terzo settore, risorsa qualificante della rinascita inclusiva.
PRINCIPIO 7 Fino a quando non accompagneremo gli ultimi all’uscita nessuno sarà libero: pubblico e privato, giovani e anziani, nord e sud, stati nazionali e Europa. Oltre la logica “uscirne prima, uscirne da soli” che ha animato il nostro dibattito pubblico proponiamo la logica “uscirne insieme” attraverso un processo di rimozione degli ostacoli di cui le imprese possono essere testimoni.
PRINCIPIO 8 Chiudersi in un comunitarismo asfittico sarebbe un suicidio. Le paure si vincono non con i muri ma con una società più responsabile e partecipativa. Il lavoro, il consumo e il risparmio sono vie essenziali per rimuovere tutti gli ostacoli che impediscono una piena partecipazione di tutti i cittadini alla vita del proprio Paese.
PRINCIPIO 9 I problemi globali non possono essere risolti dagli stati nazionali. L’attuale pandemia ne è un esempio. Come pure per la tutela dell’ambiente, la regolazione della finanza, del lavoro, della sicurezza serve affidare agli organismi sovranazionali esistenti poteri effettivi per affrontare le sfide globali.
PRINCIPIO 10 Le imprese hanno una vocazione di concretezza realizzativa e sono parte integrante della Repubblica. Di fronte a una sfida che minaccia in primo luogo l’Europa le imprese sono consapevoli del loro ruolo per costruire insieme a tutte le cittadine e ai cittadini un futuro più equo, inclusivo e sostenibile.
PRINCIPIO 11 Crediamo che l’esperienza vissuta sia una spinta irreversibile per costruire imprese più innovative, agili e sostenibili. Le idee fioriscono dentro la vita per un senso di riscatto e per un desiderio di migliorare il mondo che ci sta intorno. Vogliamo liberare le risorse creative non solo per la sopravvivenza, ma anche per la rinascita di un rinnovato paradigma economico capace di mettere l’inclusione al centro della produzione del valore.
PRINCIPIO 12 È necessario valorizzare la cultura delle imprese che misurano il proprio orizzonte proponendo progettualità e imprenditorialità intenzionali di trasformazione culturale e sociale. Possono governare la complessità di un evento dall’esito ignoto, da protagoniste, costruendo alleanze con i loro clienti e fornitori, con le istituzioni e il terzo settore.
PRINCIPIO 13 Per essere resilienti le imprese hanno bisogno di persone motivate, desiderose di collaborare e aperte al cambiamento, più resilienti. La nostra responsabilità non è solo tenere le organizzazioni in vita, ma supportare le persone a ritrovare il coraggio di ripartire, a potenziare e valorizzare le competenze e le capacità affinché possano essere motore propulsivo per la costruzione di una prosperità più inclusiva.
PRINCIPIO 14 Per ragioni di tutela della salute pubblica, abbiamo temporaneamente sospeso i momenti d’incontro e di prossimità nelle nostre comunità. Siamo però convinti della centralità dei luoghi e della relazione interpersonale. Crediamo che nelle avversità i legami comunitari e il senso di appartenenza ci consentano di andare alle radici dei nostri valori e di restituire forza ed energia alla squadra Italia.
PRINCIPIO 15 Nella rinascita serve il contributo di tutte e di tutti. Vogliamo riconoscere con gratitudine il contributo delle persone che hanno riscritto un nuovo pezzo di storia del nostro Paese, mettendo altresì in luce il coraggio di coloro che lavorano in silenzio e si assumono la responsabilità di non cedere a vittimismo e rassegnazione, cittadine e cittadini che guardano al futuro come uno spazio e un tempo positivo da costruire.